mardi 23 septembre 2014

Uccisa dall'ISIS Avesta, la comandante guerrigliera curda (http://informare.over-blog.it/)

Uccisa dall'ISIS Avesta, la comandante guerrigliera curda
(Informare) - C’è un tempismo inquietante nel modo in cui la storia di Avesta – comandante di un’unità curda in lotta contro l’Isis – è venuta alla luce. Il profilo di questa ragazza di 24 anni – occhi verdi magnetici e sguardo sicuro – è al centro di un reportage del magazine Foreign Policy dal titolo “Incontro con le donne ‘toste’ che stanno combattendo contro lo Stato islamico”. Il reportage parla appunto di Avesta e del suo ruolo nella lotta dei curdi contro il Califfato. Un ruolo per cui d’ora in poi bisognerà parlare al passato: perché Avesta è stata uccisa due giorni fa – quasi contemporaneamente all’uscita dell’articolo – proprio dai miliziani dello Stato islamico.
Un portavoce dei guerriglieri curdi nel nord dell’Iraq ha riferito che la giovane donna è stata uccisa il 12 settembre, mentre era a capo di un’unità impegnata in un’operazione congiunta Pkk-peshmerga per la riconquista di un villaggio vicino Makhmour. È stata colpita mortalmente al collo da un proiettile sparato da un miliziano dell’Isis. I soccorritori hanno provato a portarla a Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno, ma non ha retto al viaggio.
Ironia della sorte, nelle stesse ore il suo volto e la sua storia rimbalzavano sui media occidentali dopo la pubblicazione del reportage di Foreign Policy. Come racconta la rivista statunitense, Avesta era a capo di un commando di 13 combattenti tra cui 8 donne. La sua unità era scesa dalle montagne di Qandil per arrivare a Makhmour, polverosa città del Kurdistan iracheno, lo scorso 6 agosto, insieme ad altre centinaia di volontari curdi.
Dopo quattro giorni di battaglia, Avesta e gli altri guerriglieri curdi erano riusciti a riprendere il controllo di un grande campo rifugiati, risparmiando umiliazioni e persecuzioni a migliaia di persone. Oltre ai curdi, del loro intervento hanno beneficiato anche moltissimi yazidi che sono riusciti a sfruttare la via di fuga aperta sul monte Sinjar, nella provincia occidentale di Nineveh.
Per incitare la sua unità, Avesta diceva sempre che i jihadisti dello Stato islamico, in realtà, non erano i combattenti “capaci e infallibili” di cui parlava la loro propaganda. “Combattono soprattutto da lontano con armi pesanti come mortai e artiglieria”, diceva. Per la guerriglia curda, era un vero e proprio punto di riferimento. La sua storia non ha fatto a tempo ad arrivare a noi, se non come memoria di un’altra vittima del califfato.