dimanche 28 juillet 2013

Su La Testa!: IPRITE: STRAGE ITALIANA IN ETIOPIA




foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)



di Gianni Lannes



E’ sicuramente la più efferata tra tutte le stragi con gas proibiti compiute in Etiopia negli anni della sciagurata guerra coloniale, voluta dal fascismo di Mussolini ed avallata dai Savoia (1936-1941).

I fatti più cruenti risalgono al 1939, nei giorni tra il 9 e l’11 aprile, quando la “gloriosa” aeronautica miliare italiana, oggi zerbino dei militari nordamericani, avvistò nella regione del Gaia Zeret-Lalomedir quello che appariva come un gruppo consistente di ribelli etiopi. Era in realtà una carovana di mille, forse duemila, tra feriti, vecchi, donne e bambini solo familiari dei patrioti in armi. Civili in fuga che pensarono di trovare un riparo sicuro asserragliandosi all’interno di una grande grotta. Vennero assediati per giorni, finché il tenente colonnello Gennaro Sora pensò di ricorrere all’irrorazione della caverna con l’iprite, il micidiale gas tossico già largamente impiegato dalle forze fasciste. Tutti gli assediati persero la vita: e fu una strage tanto più agghiacciante in quanto perpetrata dal nostro esercito ai danni di persone disarmate e indifese.

Per la cronaca contemporanea: negli anni ’35-’36 vennero condotte in Italia e negli USA sperimentazioni in strutture medico-legali sulla resistenza della pelle nera agli effetti dell’iprite.

Ancora oggi gli archivi militari italiani risultano inaccessibili sulla attività repressiva svolta dagli italiani “brava gente”. Ci sono ancora reticenze sull’indagine storica. Manca ancora uno studio generale sulla produzione e sull’impiego delle armi chimiche da parte delle forze armate tricolori. 

Inoltre, a tutt’oggi le aree industriali utilizzate in Italia per la fabbricazione dei gas proibiti dalla Convenzione di Ginevra del 1925, non sono state bonificate: Rho (Milano), Bussi sul Tirino Pescara), Foggia.

Anche le forze armate di Washington ne hanno commessi di genocidi impuniti, unitamente alle forze belliche inglesi. Il 2 dicembre del 1943 il bombardamento tedesco del porto di Bari comportò il primo caso di morte chimica in Italia. I sedicenti Alleati a stelle e strisce avevano portato in Italia, a bordo di navi migliaia di ordigni caricati con gas vietati a livello internazionale, su cui attualmente vige ancora il segreto di Stati. Lo hanno scoperto a loro insaputa alcuni pescatori di Molfetta, venuti a contatto con queste bombe dagli involucri deteriorati, durante il lavoro in mare. Gli stessi lavoratori infortunati hanno richiesto le cartelle cliniche, ed il Policlinico di Bari ha rifiutato di consegnarle agli aventi diritto. Accade nel 2013 in Italia.