samedi 1 juin 2013

Su La Testa!:FRANCESCO MARCONE: UCCISO DALLA MAFIA 18 ANNI FA. NESSUNO LO HA AMMAZZATO...

Su La Testa!: FRANCESCO MARCONE: UCCISO DALLA MAFIA 18 ANNI FA. ...:.







di Gianni Lannes

Metto nuovamente in evidenza le due inchieste pubblicate l'anno scorso sul caso dell'omicidio di Francesco Marcone. Avevo informato - inviando un'e-mail - anche il Comando provinciale dei carabinieri (il capitano Russo), il Comando provinciale della Guardia di Finanza e la Questura. Avevo perfino rilasciato un'intervista ad una televisione locale. Non si è fatto vivo nessuno, eppure ritengo di aver imbroccato la pista giusta. Magari gli inquirenti sulla base di istruzioni di un magistrato determinato ad andare in fondo, potrebbero chiedere conto a Stefano Caruso di un suo particolare soggiorno a Palermo, allo Zabara Hotel di proprietà del prestanome di Provenzano, tale Michele Aiello (scarcerato un anno fa dalla patria galera di Sulmona perché intollerante al  menù). Quando ho provato ad intervistarlo l'ex funzionario dello Stato si è rifiutato di parlarmi, avendo inizialmente accettato.

Zabara Hotel: foglio di soggiorno anno 1995




la ricevuta del conto di Stefano Caruso


Parentesi, per la cronaca: nel 2011, sua figlia, tale Antonella Caruso, corrispondente locale del quotidiano Il Corriere del Mezzogiorno, nel corso di una trasmissione televisiva di Teleblù (di proprietà del patron Potito Salatto: alla voce cliniche private) l'allora onorevole Angelo Cera (Udc), annunciò pubblicamente che "me l'avrebbe fatta pagare" per aver scoperto che un suo scagnozzo certo Russo, assessore ad Orta Nova nella giunta Moscarella (che vanta al suo attivo, anzi passivo secondo la relazione di certificazione della Corte dei Conti, un buco di bilancio di ben 14 milioni di euro) - coadiuvato fino al 2011 dall'avvocato Francesco Americo in veste di consigliere comunale di maggioranza - si era appropriato di un malloppo di denaro pubblico sottraendolo ad alcune famiglie bisognose (ovviamente è stato denunciato ). 
Non ero presente in tv, ma la Caruso né si dissociò da queste intimidazioni gratuite, né stigmatizzò l'atto. Ed il Consiglio regionale dell'Ordine dei cosiddetti "giornalisti" si è lavato le mani, nella persona della sua presidentessa, tale Paola Laforgia (moglie del capo di gabinetto di Vendola). Insomma, tutto torna.






Ne avevo già scritto la prima volta sulle pagine del settimanale LEFT il 16 marzo 2007. Oltretutto alla Foar (su cui indagava Marcone per reati finanziari) hanno seppellito nel sottuolo grandi quantità di rifiuti pericolosi che hanno causato la morte di alcuni contadini. Allora, perché questo palese disinteresse da parte di chi ha il dovere di indagare su un caso di omicidio irrisolto con intrecci pericolosi e di elevato livello?  


                                              


















29.3.12
MAFIA: OMICIDIO MARCONE,
17 anni senza un colpevole, eppure…
Francesco Marcone.
di Gianni Lannes

Con l’avvocato Giorgio Ambrosoli - ammazzato l’11 luglio 1979 con 4 colpi di 357 magnum ha condiviso la difesa della legalità in cambio della vita. Francesco Marcone, un funzionario dello Stato assassinato 17 anni fa con due proiettili - sparati alla nuca e alle spalle - da un killer ignoto che impugnava  un revolver calibro 38, per la ‘giustizia italiana’ è solo un caso archiviato il 10 febbraio 2005. Per la Repubblica Italiana è una medaglia d’oro insignita dal Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, il 31 maggio 2005  al Merito Civile alla memoria: «Funzionario dello Stato, sempre distintosi per la salda preparazione professionale e l’alto rigore morale, costantemente impegnato a garantire il rispetto delle leggi e a contrastare ogni possibile tentativo di illegalità, veniva barbaramente assassinato nell’androne della propria abitazione in un vile agguato». Nulla più: niente giustizia. Insomma, un caso dimenticato in tutta fretta, anzi volutamente accantonato. Ora, grazie alla tenacia di uno scavo giornalistico di chi non si arrende mai - nonostante attentati e minacce di morte - si apre uno spiraglio di verità inspiegabilmente elusa dagli inquirenti. Al caso fu applicato anche il magistrato (attuale parlamentare del Pd) Gianluca  Carofiglio, ma senza alcun risultato positivo.
Marcone aveva denunciato alla magistratura speculazioni finanziarie ed edilizie, nonché evasioni fiscali miliardarie, impattando in pratiche maledette: Foar e Sicilsud (su quest’ultima aveva  indagato Giovanni Falcone) prima di essere massacrato con sua moglie e la sua scorta  dall’esplosivo fornito a Cosa Nostra dalla Sacra Corona Unita (come hanno stabilito recentissime indagini scientifiche della Polizia di Stato). I responsabili (mandanti ed esecutori materiali) del delitto Marcone, anche a causa di ritardate e anomale indagine giudiziarie - insabbiate in un porto delle nebbie - non sono ancora stati individuati.

Stefano Caruso.


Esecuzione mafiosa - Foggia: 31 marzo 1995 . Due spari netti: il primo alla nuca a due metri di distanza. Il colpo di grazia alla schiena, con la vittima già stramazzata. Così, in una traversa di corso Roma, di una città perennemente distratta e sorda. «Alle ore 19.15 circa, ci siamo portati in questa Via F. Figliolia al civico 17, ove erano stati segnalati esplosioni di colpi d’arma da fuoco. In loco, una volta all’interno dello stabile, si rinveniva nell’androne di ingresso, un uomo accasciato ed in posizione bocconi, privo di vita» si legge nell’annotazione di servizio dei sovrintendenti della Polizia di Stato, Angelo Martino e Claudio Rinaldi. «Infatti il cadavere si presentava disteso posizione bocconi sulle scale, con la parte DX del volto adagiata su di uno scalino e con un evidente foro di entrata di un proiettile alla nuca». E non un colpo qualsiasi: quello di un revolver calibro 38, è inciso a croce sulla punta,  ed una volta andato a bersaglio, si scamicia e si frantuma, con effetti devastanti. Il Rapporto della Polizia Scientifica, firmato dal vice ispettore Antonio De Flumeri su incarico del capo della Squadra Mobile Agostino De Paolis, rivela «che il cadavere era stato attinto da due colpi di arma da fuoco: uno penetrato nella regione occipitale sinistra e fuoriuscito nella regione parietale destra; l’altro penetrato nella regione toracica sinistra (fianco) e fuoriuscito dalla regione destra del collo». La relazione del medico legale, Michele Castriota conferma: «Causa di morte: emorragia endocranica per lacerazioni encefaliche ed emopericardio per lacerazioni miocardiche (…) Un proiettile è stato sparato a livello cranico a sinistra in sede occipitale con traiettoria, rispetto al soma della vittima, da dietro in avanti (…) Un proiettile è stato sparato a livello del torace, a sinistra (…)».

Cosa Nostra - Adesso un solido indizio, incredibilmente trascurato, a carico del maggior sospettato, ossia Stefano Caruso, potrebbe far riaprire l’inchiesta giudiziaria mai decollata nonostante le schiaccianti evidenze, magari su diretto interessamento della Procura Nazionale Antimafia. Constatazione critica: gli inquirenti non hanno verificato gli spostamenti e i contatti del maggior indiziato. Non ci ha pensato neanche il magistrato Antonio Buccaro e neppure il collega Alfredo Viola, in seguito promosso al Csm (corrente Unicost). Il nuovo tassello è fornito dall’inspiegabile presenza allo Zabara Hotel di Bagheria (Palermo) dal 13 al 21 aprile ‘95 - certificata da una scheda di soggiorno alla questura palermitana - appunto del Caruso, all’epoca direttore regionale pugliese delle Entrate, indagato e poi prosciolto. L’albergo, sede di alcuni summit mafiosi, come documentato dai carabinieri del Ros, era di proprietà della Cogeas srl, ovvero di Michele Aiello, noto imprenditore edile diventato manager della sanità, nonché prestanome del boss Bernardo Provenzano. Aiello, l’ex re mida siculo, è stato condannato in via definitiva a 15 anni e sei mesi di reclusione per associazione mafiosa. Il manager della mafia, tuttavia, è stato recentemente scarcerato dalla prigione di Sulmona perché intollerante alle fave, con un provvedimento del tribunale dell’Aquila su cui da qualche giorno indaga il Ministero di Grazia e Giustizia. ‘Binnu u’ tratturi’, a quel tempo, venne curato nella limitrofa clinica Santa Teresa. Stefano Caruso - promosso dallo Stato dopo l’omicidio di Marcone a consigliere ministeriale - era già stato arrestato il 13 luglio 1996 con l’accusa di abusi in atti d’ufficio, rivelazioni di segreti d’ufficio e concorso in evasione fiscale per circa un miliardo di lire, nonché per concorso nell’omicidio Marcone. Ma se la cavò liscia.
Chi aveva incontrato 17 anni fa il Caruso - con protezioni sinistroidi - nell’albergo di Cosa Nostra a Bagheria? Ma soprattutto che ci faceva in loco? Abbiamo provato a chiederlo direttamente all’interessato, ma non abbiamo ottenuto alcuna risposta. Singolare coincidenza. Addirittura la figlia Antonella, corrispondente locale del quotidiano Il Corriere del Mezzogiorno, in una puntata di una trasmissione televisiva andata in onda il 17 maggio 2011 su un emittente foggiana (Teleblù dell’imprenditore-politicante Potito Salatto) ha ospitato l’onorevole Angelo Cera dell’Udc (già condannato in primo grado dal tribunale di Bari a 18 mesi di reclusione per truffa ai danni della Regione Puglia). In quell’occasione il deputato di San Marco in Lamis ha pubblicamente minacciato con toni mafiosi un giornalista rompiscatole. Lo stesso Cera, qualche giorno prima aveva lodato pubblicamente addirittura Totò Cuffaro (condannato in via definitiva a sette anni di reclusione).

Pratica maledetta - Francesco Marcone, direttore dell’ufficio del Registro di Foggia, il 29 marzo ’95, due giorni prima di essere assassinato, elaborò le deduzioni per la causa tributaria - con elusione fiscale di oneri miliardari - che opponeva l’ufficio del Registro a Foar (azienda con sede legale a Salerno e stabilimento a Foggia per la produzione di ghisa sferoidale. In un’intercettazione ambientale della Polizia, Caruso dice che “Foar vuol dire il notaio Francesco Paolo Pepe”. In questo atto appare l’atto di cessione di immobile strumentale tra la FOAR Srl e la SICILSUD LEASING SPA, con il quale è stata realizzata la cessione di un compendio immobiliare. Questo tipo di  operazione è assoggettato all’IVA, alle tasse fisse di Registro, trascrizione e catasto. Da un’attenta analisi sul reale contenuto dell’atto, il direttore Marcone era giunto alla conclusione che l’oggetto del trasferimento era costituito da uno stabilimento per la lavorazione della ghisa. La lavorazione e produzione  necessita di una struttura, ovvero l’immobile, ma anche dei relativi macchinari, opportunamente diretti all’attività specifica. Inoltre, dall’atto in questione risulta che il trasferimento comprendeva tutte le accessioni, dipendenze e pertinenze inerenti. A seguito di questa lettura il Marcone chiedeva un supplemento d’imposta, considerando così la cessione non riferita ad una semplice pluralità di beni, ma ad un’azienda tecnicamente organizzata, perciò assoggettabile ad imposta di registro poiché fuori dal campo di approvazione IVA. In tale senso il relativo avviso di liquidazione notificato dall’Ufficio alla FOAR e alla SICILSUD. Oltre a ciò, tenuto conto che andava assoggettato ad imposta di registro il prezzo complessivo dell’operazione, riguardante oltre alla cessione dei beni immobili anche quella dei macchinari ed attrezzature, l’Ufficio estendeva la pretesa d’imposta al corrispettivo derivante dalla fattura di vendita dei macchinari e attrezzature emessa dalla FOAR nei confronti della SICILSUD, notificando ulteriore avviso di liquidazione alla FOAR. Il direttore Marcone aveva prospettato ai suoi diretti superiori, con una serie di missive, una sorta di strategia illegale adottata dalle parti, costituita da alcune operazioni intermedie attraverso le quali si era concretizzato il trasferimento dell’intera azienda di proprietà FOAR alla NUOVA FOAR. Quest’ultima società era stata costituita come un altro contenitore nel quale riversare gli stessi soggetti della FOAR. In altri termini, tale escamotage ha consentito agli stessi soggetti di realizzare un’azienda avente la medesima consistenza della precedente con un esborso fiscale minimo. Inoltre, la venditrice FOAR aveva reso una dichiarazione Invim nella quale prezzo e valore coincidevano. A tale scopo era stata utilizzata una certificazione del Comune di Foggia, dalla quale risultava che l’intero stabilimento era stato ultimato a ridosso della vendita: ciò consentiva di indicare come valore iniziale al 2 novembre 1990, data di presunta ultimazione dei lavori, la stessa cifra indicata come prezzo. In tal modo, coincidendo epoca e valori, non risultava alcun incremento e,  quindi, nessuna imposta. In realtà, lo stabilimento - unico nel suo genere in Italia: “una sorta di gallina dalle uova d’oro” commenta un noto avvocato - era perfettamente visibile ed operativo da decenni e Marcone aveva accertato presso Ute e Conservatoria dei Registri Immobiliari, che la data di ultimazione dei lavori risaliva al 15 novembre 1973, perciò la data indicata come 2 novembre ’90 si riferiva ad aspetti marginali del complesso industriale e non all’intero corpus. Da ciò scaturì l’accertamento in rettifica del valore iniziale. In più: la concessione edilizia risale invece al 1972. Un anno cruciale: infatti un biglietto anonimo recapitato alla famiglia Marcone c’è scritto: “1972 è un foglio di carta da bollo da 2000 quello con la bilancia è una collezionista (rivolgetevi a qualche collezionista)”. Questo il contenuto del messaggio criptato di uno scritto datato 29 novembre 1998.

L’ultimo atto compiuto da Francesco Marcone in riferimento alla pratica FOAR è la redazione delle corpose controdeduzioni dell’Ufficio ai risorsi proposti dalle parti, datate 29 marzo 1995, vale a dire due giorni prima della sua morte.
Nel primo decreto di archiviazione firmato dal giudice per le indagini preliminari Simonetta D’Alessandro la questione Foar è definita di «eccezionale delicatezza». Una pratica in cui si incrociarono le attività di Caruso ed il lavoro di Marcone, come ha sottolineato il provvedimento reso dal Gip il 7 aprile ’96. L’ultimo atto di Marcone sulla Foar è inequivocabile: «La strategia posta in essere, frutto di menti raffinate ed esperte in giochi di alta finanza ha consentito agli stessi soggetti di trovarsi alla fine con un’azienda che ha la stessa consistenza patrimoniale della precedente, e tutto ciò con un sacrificio fiscale assai contenuti, usufruendo del regime IVA». Il 10 marzo 2001, il Gip Lucia Navazio aveva disposto «che il PM proceda ad ulteriori indagini sui temi innanzi indicati: - tra l’altro -: «Identificare tutti i componenti degli organi collegiali della FOAR Srl, della NUOVAFOAR srl e della SICILSUD spa (…) Individuare con precisione la natura dell’atto intercorso tra FOAR e SICILSUD, nonché ruolo svolto in concreto dal notaio. Acquisire notizie della vita societaria della SicilSud, come nasce (se proviene da trasformazione di altre società) nonché dati su tutti i soggetti coinvolti nella vita di questa. Acquisire esito indagini del procedimento n. 612798 RG mod 21 per il reato di cui all’art. 479 c.p., nella compravendita della FOAR».

La piovra - Il meccanismo truffaldino era ingegnoso: i dirigenti dell’azienda con sede a Palermo, stipulavano contratti con clienti che utilizzavano il denaro erogato per scopi diversi, ovvero senza acquistare i beni per i quali erano stati richiesti i finanziamenti. E intascavano le tangenti sui prestiti corrisposti. Il raggiro è stato scoperto nel giugno del 1988. E ha portato in galera i dirigenti della finanziaria, con l’accusa di associazione a delinquere, truffa, falso in bilancio e frode fiscale. Il giro di fatturazioni false di aggirava sui 50 miliardi di lire. Presidente della società, controllata per il 60 per cento dalla Banca San Paolo di Torino e per il 40 per cento dal Banco di Sicilia, è stato dal 1985 sino al 31 dicembre 1988, Pietro Verzeletti, componente in quel periodo del consiglio d’amministrazione dell’istituto di credito torinese e soggetto cruciale della finanza rossa. Vicepresidente era Alfredo Spatafora, consigliere di amministrazione del banco di Sicilia. La SicilSud venne fondata nel 1980. Dietro la SicilSud leasing, scoprirono gli inquirenti, si allungava l’ombra di Cosa Nostra. In un rapporto presentato dalla Guardia di Finanza il 9 marzo del 1989, emerge infatti come a gestire la truffa vi fossero personaggi legati alla mafia. A capo della banda di truffatori c’era il boss Tommaso Marsala, individuo di fiducia della cosca Spatola-Inzerillo, ucciso davanti il portone di casa in viale Strasburgo a Palermo, il 4 agosto 1987. Un omicidio sul quale indagò Giovanni Falcone, allora giudice istruttore. Marsala era coinvolto nell’inchiesta sulla strage di via Croce Rossa, avvenuta il 6 agosto 1985, dove vennero uccisi il vicequestore di Palermo, Ninni Cassarà e l’agente di scorta Roberto Antiochia. La SicilSud Leasing - proprietaria l’Equiter Spa (Fin.Opi Spa), ovvero il San Paolo Imi, risulta cancellata dal registro delle imprese a far data dal 26 gennaio 2006. Il capitale sociale ammonta a 2.935.008,00 euro.

Ecomafie - Se digitate sul motore di ricerca Google, il termine “km 682,700, internet vi mostra una pagina dove appaiono due società: Fonderie di Foggia Srl e Blue Service Srl (specializzata in “rifiuti industriali e speciali, nonché smaltimento e trattamento”, così recita la pubblicità). Strana caso: le due ditte a responsabilità limitata, ma con ragioni sociali diverse almeno sulla carta, hanno sede operativa nello stesso sito della FOAR Srl. La seconda ditta menzionata (Blue Service Srl) non è iscritta ad alcuna camera di Commercio. Da una ricerca nel ramo rifiuti emerge soltanto la Blu Service Srl con sede a Brendola in provincia di Vicenza, di cui è amministratore unico, tale Gobbo Rigo. Inoltre, dal terminale presso la Camera di Commercio non è autorizzato l’accesso all’assetto societario della Fonderie di Foggia con sede legale a Salerno. Infine, la F.O.A.R. (Fonderie Officine Antonio Romeo) S.R.L., risulta iscritta nella sezione ordinaria il 19 febbraio 1996, ma la data di costituzione risale all’11 gennaio 1971. Presidente del consiglio d’amministrazione è Busachi Tomaso Antonio (nato a Cremona il 30 agosto 1942), nominato il 2 luglio 1992, mentre  i consiglieri sono Castagnazzo Matteo Ferruccio (nato a Bovino l’11 febbraio 1945) ed Antonio Viotto (nato a Varazze il 2 agosto 1943). Oggetto sociale: “fusione di ghisa”. In ogni caso nel sito (località Santa Chiara) sono stati sepolti, o meglio maldestramente occultati ingenti quantitativi di rifiuti industriali che affiorano dal suolo. Il caso è stato sottoposto ai carabinieri della compagnia di Foggia, ma a tutt’oggi senza alcun esito.

Mani sulla città - Non è tutto: ecco altri probabili moventi assassini in cui è invischiato Stefano Caruso. In un rapporto della Digos datato 7 marzo 1997 è specificato: «Punto di snodo di entrambe le vicende sembra, allo stato dei fatti, il Caruso. Questi oltre ad essere interessato alla formazione dell’atto costitutivo della Immobiliare Mediterranea, che altro non era che la cessione a fini edificatori di un’area di proprietà dei germani Marinari al costruttore Spezzati per sua stessa ammissione, è altresì intervenuto anche nella vicenda della piccola proprietà contadina incontrando i Sarni, che intendevano scavalcare Francesco Marcone. La vicenda Marinari alla luce di ulteriori accertamenti svolti, appare di una natura molto più complessa della normale speculazione edilizia, essendo impossibile realizzare il progetto di lottizzazione senza il preventivo accordo con i pubblici amministratori».
Un passo indietro: il 18 luglio 1996 la Digos compie una sensazionale scoperta. Nel rapporto si legge: «Presso la palazzina dove è ubicato l’ufficio e l’abitazione del Marinari Antonio, sita in questa via Napoli 31, si trova uno scantinato il cui ingresso è occultato da una botola nel pavimento» scrive il funzionario di PS, dottor Todisco «nello scantinato erano depositate numerose scatole di documenti relativi alla segreteria particolare dell’ex parlamentare Franco Cafarelli (ex sottosegretario democristiano, ndr) … tra detti documenti, veniva rinvenuto un cartoncino intestato all’Arcivescovo di Foggia, mons. Casale, con allegata una nota relativa alla Pia Fondazione M. G. Barone di Foggia, con il quale il prelato chiedeva al Cafarelli di fare pressioni su Caruso Stefano in relazione ad un ricorso presso la Commissione Tributaria centrale. Tale missiva, unitamente ad una busta contenente la somma di lire un milione (in 10 biglietti da lire 100.000) veniva posta sotto sequestro». Annotano i pm Buccaro e Viola: «Il Caruso, nella qualità di Direttore regionale delle Entrate per la Regione Puglia, in palese violazione dei principi della legalità, imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione, ha assunto il ruolo di super consulente dei fratelli Marinari, dando precise direttive - in palese violazione di legge - sul tipo di atto da redigere per evitare una tassazione rilevante».
A Caruso i poliziotti sequestrarono, il 13 luglio ’96, un arsenale di armi e munizioni: «1 revolver calibro 38, 1 fucile automatico Breda, un fucile automatico calibro 12 Breda, 1 fucile automatico a canne affiancate calibro 12 Bernarelli, 1 pistola automatica calibro 7,65, 1 pistola automatica calibro 6,35 Beretta, 1 fucile monocanna calibro 12 Merlin».
Nel verbale di sommarie informazioni redatto in Questura il primo aprile ’95 alle ore 00.40 si apprende dallo stesso Caruso che «L’ultima volta che ho visto il Marcone è stata la sera del giorno 29 marzo. Lo andai a trovare presso il suo ufficio senza alcun motivo, solo per chiacchierare e fare una piccola passeggiata in centro». L’impiegata Di Ciommo ha raccontato agli inquirenti: «un altro episodio che ricordo anche è quello occorso il giovedì 30 marzo 1995, verso le 17.20-17,30. Quel giorno mi recai dal direttore Marcone sempre per esaminare alcune pratiche. Ad un certo punto giunse una telefonata. Disse. “Qui ti fanno tremare, devi aver paura anche di firmare. Io ho sempre detto che Caruso era un tipo sanguigno ma non cattivo, ora le dico che è anche cattivo».
Nell’interpellanza parlamentare urgente presentata il 26 febbraio 1998 (numero 2-00917) da Elio Veltri, è scritto: «Francesco Marcone è l’unico funzionario dello Stato dell’amministrazione finanziaria assassinato dal dopoguerra in poi, perché era rigoroso». E ancora: «L’aspetto più inquietante di tutta la faccenda è il coinvolgimento di dipendenti dell’amministrazione finanziaria, in particolar modo quello dell’ex direttore regionale delle entrate per la Puglia, Stefano Caruso». L’allora sottosegretario di Stato per le Finanze, Fausto Vigevani, ha contestualmente risposto: «come confermato dalle indagini condotte dalla magistratura che hanno portato all’individuazione di gravi illeciti determinanti evasioni fiscali per circa 3 miliardi di lire, in cui sono risultati coinvolti il direttore regionale delle entrate per la Puglia, dottor Caruso, ed imprenditori e professionisti locali».
I coniugi Caruso e Bisciotti hanno sul groppone  il fallimento della società a responsabilità limitata I.L.M.E. ed il conseguente contenzioso con la Cassa di Risparmio di Puglia.

Truffa allo Stato - Con atto registrato il 9 luglio 1990 i fratelli Sarni Carmine e Alessandro acquistano a Montenero di Bisaccia in provincia di Campobasso, un appezzamento di terreno di circa 188 ettari, in prossimità dell’autostrada adriatica. I germani invocano i benefici della legge 604 del 1956 per la piccola proprietà contadina e presentano un certificato manomesso dell’Ispettorato provinciale dell’Agricoltura di Foggia, al fine di eludere il pagamento delle tasse pari a un miliardo e mezzo di vecchie lire. In un rapporto risalente al 18 febbraio 1995, siglato dall’allora Capitano della Guardia di Finanza, Giacomo Ricchitelli si puntualizza che «Dalle indagini svolte è emerso che sia il certificato provvisorio che quello definitivo sono risultati falsi». La legge dispone che beneficiano delle agevolazioni gli acquirenti che si dedicano abitualmente alla coltivazione della terra. I Sarni - nativi di Ascoli Satriano - partendo dalle truffe sulla piccola proprietà contadina hanno costruito in impero economico che sta fagocitando le autostrade italiane con punti vendita e autogrill e supermercati (ad esempio a Sulmona dov’era recluso Aiello, socio di Provenzano). Chi ha fornito i capitali di partenza ai fratelli di Ascoli Satriano?   Da una visura camerale risulta che Stefano Caruso è consigliere in affari dei fratelli Sarni. Dove? A Sulmona, precisamente nella società, o meglio nel centro commerciale Il Borgo. Il core business sarniano è legato alle aree di servizio (il secondo gruppo italiano del settore, dopo Autogrill). Ma ad esso si sono affiancate - con la società Finsud Srl - con prepotenza anche l’attività di ristorazione dei centri commerciali e la gestione e lo sviluppo della rete di vendita del comparto oreficeria e gioielleria Follie d’Oro. E infine l’attività immobiliare.

Vittime dimenticate - Chi si è opposto alla mafia dei colletti bianchi che si annida nelle articolazioni dello Stato, tribunale compreso,  ha pagato con la vita. Giovanni Panunzio, Matteo De Candia, Giuseppe Panniello, Antonio Cassitti, Leonardo Biagini, Mario Cavaliere. E’ distratta e sorda la Puglia: non ha voluto sentire i colpi di pistola che hanno eliminato un uomo integerrimo. Francesco Marcone è morto da “eroe borghese” , solo con le sue carte d’ufficio. La maledizione della Capitanata sono i mattoni abusivi: ne sa qualcosa l’attuale Presidente della Camera di Commercio Eliseo Zanasi - pianificatore al ramo inceneritori di rifiuti di Emma Marcegaglia - che ha cementificato senza che la Procura della Repubblica di Foggia osasse sfiorarlo una collina sul mare di Mattinata nel Gargano. Per la cronaca: Foggia è all’ultimo posto in Italia per la qualità della vita.


3.4.12
FOGGIA E PROVINCIA:
COLLINE SOTTERRANEE
DI RIFIUTI PERICOLOSI

di Gianni Lannes

E’ primavera ma le autorità locali attardano il letargo. Ad un soffio dall’ultima città d’Italia per qualità della vita - attestano le statistiche ufficiali - in località Santa Chiara giacciono maldestramente occultati - in un terreno di proprietà esteso per circa 2 ettari - notevoli quantitativi di scorie micidiali, a confine di campagne coltivate. Luigi Costanziello abitava a 40 metri dalla Foar: a 39 anni si è spento fulmineamente a causa di una leucemia. Il padre, Saverio, è morto invece per un tumore. Non c’è  scampo per chi vive nei paraggi, ovvero un’intera città capoluogo, ma il sindaco pro tempore Gianni Mongelli - invischiato nel dissesto finanziario delle casse municipali, a partire dal fallimento programmato dell’Amica - si distrae usurpando suoli agricoli ai contadini ed autorizzando inceneritori di amici, compari e parenti (alla voce Marcello Salvatori). «Amma prutestat’ tanta vot’ cu l’autorità, ma nint’» racconta Luigi Costanziello, 64 primavere spese  a lavorare la terra, dopo aver perso il nipote ed il fratello. «Accà, teng’ nu vignet’ d’ uve regine, ma l’ analis’ hanno ditt’ ca è tutt’ è ‘nquinat’. Mò alli zappaterr’ nisciun l’addefenne. C’amma fa?». Singolare coincidenza: nelle vicinanze sorge anche il pastificio della Barilla.

Caruso e Agostinacchio.

Ecomafie -Se digitate sul motore di ricerca Google, il termine “strada statale 16, km 682,700”, internet vi sforna una pagina dove appaiono due società: Fonderie di Foggia Srl e Blue Service Srl (specializzata in “rifiuti industriali e speciali, nonché smaltimento e trattamento”, così recita la pubblicità). Strana caso: le due ditte a responsabilità limitata, ma con ragioni sociali diverse almeno sulla carta, hanno sede operativa nello stesso sito della FOAR Srl. La seconda ditta menzionata (Blue Service Srl) non è iscritta ad alcuna camera di Commercio. Eppure, da una ricerca nel ramo rifiuti emerge soltanto la Blu Service Srl con sede a Brendola in provincia di Vicenza, di cui è amministratore unico, tale Gobbo Rigo. Inoltre, dal terminale presso la Camera di Commercio non è autorizzato l’accesso all’assetto societario della Fonderie di Foggia, con sede legale a Salerno. La F.O.A.R. (Fonderie Officine Antonio Romeo) S.R.L., risulta iscritta nella sezione ordinaria il 19 febbraio 1996, ma la data di costituzione iniziale risale all’11 gennaio 1971, mentre l’8 febbraio 1972 è stata accesa un’iscrizione ipotecaria. Presidente del consiglio d’amministrazione è attualmente Busachi Tomaso Antonio (nato a Cremona il 30 agosto 1942), nominato il 2 luglio 1992, mentre  i consiglieri sono Castagnazzo Matteo Ferruccio (nato a Bovino l’11 febbraio 1945) ed Antonio Viotto (nato a Varazze il 2 agosto 1943). Oggetto sociale: “fusione di ghisa”.  Lo stabilimento industriale si estende su di una superficie di quasi 26 mila metri quadrati: buona parte dell’area è occupata dai rifiuti, depositati illegalmente nel sottosuolo. Cumuli di ceneri pesanti che svolazzano alle minime folate di vento - occultati alla vista di occhi indiscreti -occupano la parte centrale del sito. Un dato è certo: qui l’Arpa o i Vigili Urbani non hanno mai messo piede. Le finestre del capannone non hanno vetri ed il muro perimetrale a confine con uliveti e vigneti è crollato in più punti. «Quann scarican’ t’ nà fugì» rivelano all’unisono gli agricoltori della zona, ormai inconsapevoli cavie, insieme agli ignari consumatori di uva tavola, ortaggi, frutta e olio d’oliva. Controlli sanitari? Inesistenti. Verifiche epidemiologiche? Neanche a parlarne. In ogni caso: Foar vuol dire Sicilsud (San Paolo Imi+Finfolio srl+Finopi+Cosa Nostra). Vale a dire: l’omicidio di stampo mafioso di Francesco Marcone, un funzionario onesto dello Stato.

Amnesie e omissioni - Vincenzo Russo in qualità di Procuratore della Repubblica, prendendo a pretesto un manifesto affisso in città dall’associazione di don Luigi Ciotti, il 30 marzo ha sparato a zero contro Daniela Marcone, ma senza contraddittorio. Infatti, sulla pagina locale del quotidiano Il Corriere del Mezzogiorno, addirittura a firma di Antonella Caruso (figlia di Stefano Caruso, il maggior sospettato dell’omicidio Marcone), è apparsa una strana dichiarazione: «In questa città troppo spesso e in troppi dicono di sapere e poi non hanno il coraggio di denunciare. Non ho compreso neppure il manifesto affisso in questi giorni dall’associazione Libera per l’anniversario del povero Francesco Marcone». La sterile polemica è scaturita, appunto da una locandina in cui, a proposito di questo delitto mafioso, riprendendo una celebra frase di Pasolini,  si legge: «Noi sappiamo ma non abbiamo le prove». Il magistrato ha dichiarato: «Daniela Marcone è venuta due volte in Procura, una volta accompagnata da un avvocato, dicendomi che c’erano degli elementi nuovi, senza però esplicitarli, che avrebbero potuto far riaprire il caso. Mi disse che avrebbe successivamente portato un’approfondita memoria. Ma questa memoria non è mai arrivata - racconta Russo - Allora non si può scrivere su un manifesto una frase del genere. Cosa si vuole rappresentare con questo comportamento?». Secondo il dottor Russo «Se abbiamo paura, se non abbiamo il coraggio di raccordarci con le istituzioni, non ci possiamo lamentare. Dobbiamo stare zitti». Ebbene, in occasione di un convegno pubblico sulla legalità, ben 5 anni fa, ho dato al procuratore Russo una copia del settimanale LEFT (datato 23 marzo 2007), in cui è stata pubblicata un’inchiesta intitolata LA MAFIA DI RITORNO. A pagina 37 è scritto: «Francesco Marcone, direttore dell’ufficio del Registro di Foggia, è stato assassinato da un killer professionista con due colpi di revolver calibro 38. La colpa? Aver denunciato speculazioni finanziarie ed edilizie, nonché evasioni fiscali miliardarie. Uno dei probabili moventi dell’omicidio, è la pista delle aziende Foar (nel cui sottosuolo sono state sotterrate migliaia di tonnellate di rifiuti tossici), Nuova Foar e Sicilsud Leasing. Il nuovo tassello è fornito dalla presenza allo Zabara Hotel di Bagheria (Palermo) di Stefano caruso, ex direttore regionale pugliese delle entrate». Ho dettagliatamente spiegato a questo magistrato la portata della scoperta, ma senza alcun risultato. Quanto a Caruso pur chiamato in causa non ha rilasciato alcuna dichiarazione o smentita, né ha querelato. A quanto pare, Russo non ha disposto neppure un accertamento minimo sulla presenza alla Foar di spazzatura pericolosa, tantomeno sull’omicidio di Francesco Marcone. Il codice penale vale per tutti: anche per le gravi manchevolezze di un individuo togato. Oppure no? Valgono pesi e misure diverse se si staziona ai piani di mezzo del potere. Allora: perfino i giudici non sono al di sopra della legge, almeno in democrazia, ma forse qualcuno di loro l’ha dimenticato. Ora, finalmente, scatterà qualche controllo, o i cittadini dovranno rivolgersi al Consiglio superiore della Magistratura per ottenere un pò di giustizia terrena a salvaguardia della salute pubblica?