samedi 8 juin 2013

Su La Testa!:ABRUZZO: INQUINAMENTO CHIMICO CERTIFICATO DELLA MONTECATINI. MA LA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI PESCARA DISSEQUESTRA L’AREA INDUSTRIALE

Su La Testa!: ABRUZZO: INQUINAMENTO CHIMICO CERTIFICATO DELLA MO...



Montecatini di Piano d'Orta (PE) e lo storico Marcello Benegiamo - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)


di Gianni Lannes

In Italia il diritto, o meglio il codice penale - del secolo scorso - non garantisce la tutela effettiva dell'ambiente nonché la salvaguardia della salute umana e di tutti gli esseri viventi. 

 
Montecatini di Piano d'Orta (PE): veleni chimici - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

Il paesaggio è spettrale: amianto sbriciolato a perdita d’occhio ed esalazioni venefiche all’aria aperta. Nel sottosuolo gli esami scientifici hanno rilevato inquinanti particolarmente aggressivi. Eppure, la magistratura non ha individuato un responsabile. E ‘l’area non è stata bonificata. Il governatore Gianni Chiodi è in vacanza da Berlusconi?

 
 Montecatini di Piano d'Orta (PE): veleni chimici - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

Dopo i danni ambientali e sanitari conclamati la beffa. Tutto a norma di “legge”. Nella primavera di un anno fa l’ex Montecatini di Piano D'Orta, è stata dissequestrata per ordine del pubblico ministero Valentina D'Agostino.  


Montecatini di Piano d'Orta (PE): lo storico Marcello Benegiamo - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

I sigilli sono stati tolti dagli agenti del Corpo Forestale del comando stazione di Tocco da Casauria che cinque anni li apposero dopo aver scoperto nel 2007 un accumulo di sostante altamente inquinanti. Il sito è stato restituito alla ditta proprietaria la società Moligean srl di cui è amministratore unicoFederica Ederle.

 
Montecatini di Piano d'Orta (PE): foto Corpo Forestale dello Stato

 Montecatini di Piano d'Orta (PE): foto Corpo Forestale dello Stato

Il sequestro scattò nell'ambito di un’accurata indagine della Forestale: l'area compresa di capannoni e impianti, di circa 3 ettari e mezzo, era appartenuta alla Montecatini che l’aveva rilevata nel 1929.   

 
 Montecatini di Piano d'Orta (PE): foto Corpo Forestale dello Stato

 La produzione di sostanze chimiche andò avanti fino al 1964 quando il sito fu dismesso e venduto alla attuale proprietà. Furono eseguiti prelievi anche di campioni di acqua e le analisi misero in mostra un alto contenuto di arsenico di circa 468 milligrammi per chilo contro una soglia massima ammessa di 20.   

 
  Montecatini di Piano d'Orta (PE): foto Corpo Forestale dello Stato

L'arsenico veniva largamente usato come pesticida e topicida. La proprietà, assistita dall'avvocato Della Rocca presentò ricorso al Tar e così dopo cinque anni le risposte sono arrivate.  Non c'è reato penale per il proprietario del sito poiché l'inquinamento è stato prodotto dal precedente possessore, la Montecatini, e alla società proprietaria, essendo esente da responsabilità, non spetta effettuare la bonifica che dovrebbe essere eseguita da chi produsse l'inquinamento e che invece spetta alla Regione essendo l'area stata inserita nel Sic (sito di interesse comunitario) la cui bonifica viene finanziata dalla Comunità europea. Una parte del sito inquinato, prima del sequestro era stata in parte lottizzata a destinazione commerciale e abitativa.

 
  Montecatini di Piano d'Orta (PE): foto Corpo Forestale dello Stato

Secondo lo storico Marcello Benegiamo, nativo di Chieti «Tra la prima e la seconda guerra mondiale non tutto l’idrato, tuttavia, era trasformato in solfato di allumina; una parte era lavorata per ottenere glicerina, che, insieme all’acido solforico, veniva a sua volta inviata agli stabilimenti chimici di Bussi sul Tirino ed alla Dinamite Nobel di Pratola Peligna, dove si producevano aggressivi chimici ed esplosivi. Proprio per il peculiare ruolo in tal modo svolto dal polo industriale di Piano d’Orta-Bussi-Pratola Peligna nella produzione bellica, questo complesso subì, nel corso dell’ultimo conflitto, una massiccia azione di bombardamenti aerei da parte degli alleati prima, e dei tedeschi successivamente. In particolare la fabbrica di Piano d’Orta fu bombardata ben 36 volte, oltre ad essere stata occupata prima e saccheggiata poi dalle truppe tedesche».  

 
  Montecatini di Piano d'Orta (PE): foto Corpo Forestale dello Stato

Il sequestro nel 2008 - Il 2 giugno di 5 anni fa c'era stato il sequestro dell'area della ex Montecatini a piano d'Orta di Bolognano. I risultati delle analisi confermano la presenza rilevante di sostanze tossiche. Inquinata anche la falda freatica. I risultati sono agghiaccianti: arsenico, piombo, mercurio presenti nel suolo fino a 500 volte in più rispetto ai limiti consentiti. 

 
  Montecatini di Piano d'Orta (PE): foto Corpo Forestale dello Stato

Su 23 sondaggi effettuati a campione fino a 33 metri di profondità il 90% ha dato esito positivo e si parla di 90 mila tonnellate di rifiuti tossici. «I nostri dubbi sono stati confermati anche dai risultati di laboratorio», aveva annunciato pubblicamente il comandante provinciale della Guardia Forestale,Guido Conti.

 
  Montecatini di Piano d'Orta (PE): foto Corpo Forestale dello Stato

 L'inchiesta coordinata dal pm Filippo Guerra, a differenza di quella di Bussi che partì da alcune segnalazioni e coordinata dal pm Aldo Aceto, è nata per puro caso quando alcuni agenti della Forestale si sono introdotti nell'area della ex Montecatini per via di un cancello aperto.

 
  Montecatini di Piano d'Orta (PE): foto Corpo Forestale dello Stato

«Che ci fosse qualcosa di strano è stato subito evidente: «per terra c'era dell'acqua rossa, primo segnale di presenza di arsenico» aveva confermato Conti.
E poi ancora controllando la zona i forestali si sono insospettiti per «lo strano colore del terreno, la presenza di mucchi di terreno gialli e verdi». La zona è stata così posta sotto sequestro: 3 ettari e mezzo analizzati con cura a fronte di un terreno complessivo di oltre 5 ettari. In più punti è stata rilevata presenza di arsenico, la sostanza tossica probabilmente più diffusa.

 
  Montecatini di Piano d'Orta (PE): foto Corpo Forestale dello Stato

In alcune zone la sua concentrazione era pari a 428 milligrammi per kg, quando il limite massimo consentito doveva essere 10 mg/kg. In altre lo sforamento sale ancora di più e la concentrazione individuata dai forestali è stata di 1.653 mg/kg a fronte di un limite di 50. E' stata rilevata una presenza di piombo pari a oltre 10 mila mg/kg quando il limite massimo era di 1.000. E poi ancora concentrazione di mercurio pari a 245,4 mg/kg che sforavano il limite consentito di 5 mg/kg o rame (18mila mg/kg dove il limiti massimo è di 600). E poi ancora zinco per 5.888 mg/kg che sorpassava di molto il limite fissato a 1.000.

  Montecatini di Piano d'Orta (PE): foto Corpo Forestale dello Stato

«Adesso bisognerà accertare», aveva ribadito Conti, «le responsabilità e chi fosse a conoscenza di questa maxi discarica abusiva» scoperta solo per caso. La fabbrica, aperta da Guido Donegani nel 1911, è stata chiusa nel 1964 e nel 1977 venne venduta ad «una ditta individuale di Verona».
 Già nel 2001 il comando di Tocco da Casauria aveva sequestrato tutta la parte posteriore della fabbrica dove erano state ammucchiati lastroni di eternit provenienti da un capannone demolito.
A pochi passi dalla fabbrica numerose abitazioni, un supermercato ed una stazione della Polizia di Stato.

Inquinamento secolare

di Marcello Benegiamo 


 L’attività dello stabilimento di Piano d’Orta, dato il tipo di produzione svolta (acidi, perfosfati, antiparassitari ) ebbe inevitabilmente ripercussioni di tipo ambientale: in tale ambito, nel primo decennio del Novecento, ebbe particolare rilievo l’impatto sulla vegetazione e sulle colture dei fondi agricoli delle zone limitrofe alla fabbrica. Infatti, il giugno 1909 Bernardo De Pompeis, proprietario terriero di Torre dè Passeri, in rappresentanza del figlio Giuseppe, promosse dinanzi al Tribunale di Chieti, una causa civile contro la Società Italiana Prodotti Azotati per l’agricoltura (SIPA) che nel 1900,  aveva aperto il sito industriale. Il 17 febbraio di 113 anni fa, il Comune di Bolognano deliberava il nulla osta alla costruzione della fabbrica.
Lo stesso Tribunale ordinò una perizia al fine di accertare l’esistenza dei danni lamentati sul fondo rustico De Pompeis, indicandone la natura, l’estensione e la progressività; di accertarne le cause, verificando la loro effettiva dipendenza dalle esalazioni gassose dello stabilimento della società; di determinare eventuali rimedi da adottare nel fondo e nello stabilimento; di stabilire l’ammontare dei danni rifondibili dalla società in relazione alla loro progressività, alla permanenza delle cause, al tempo necessario al completo risanamento delle piante ed al ripristino della loro regolare produttività, nonché il costo delle opere di prevenzione, riparazione e risanamento.
I tre periti nominati dal tribunale seguirono per due annate consecutive le diverse fasi della vegetazione nel fondo De Pompeis, ed effettuarono visite nello stabilimento. Da tali ispezioni presso lo stabilimento di Piano d’Orta, i periti rilevarono la presenza, nelle stesse officine della SIPA, di perdite di gas, quali l’acido fluoridrico e l’anidride solforosa, ritenute inevitabili poiché fisiologiche allo stesso processo chimico. La produzione di acido solforico, nelle officine di Piano d’Orta, avveniva all’epoca per combinazione dell’anidride solforosa con l’ossigeno, secondo il metodo catalitico o di contatto. La massa catalizzatrice utilizzata, l’amianto platinato, presentava tuttavia degli inconvenienti, in quanto, qualora i gas venuti a contatto non fossero stati perfettamente puri, non avrebbe svolto un’azione durevole; inoltre, se la miscela gassosa di anidride solforosa ed aria non fosse stata priva di pulviscolo o di tracce di arsenico, tale massa avrebbe perso del tutto la propria funzionalità.
 La piccola vigna prossima alla strada, dunque la più vicina alla fabbrica, presentava le caratteristiche di uno sviluppo misero e strozzato. Prendendo in esame ciascun ceppo di vite, infatti, i periti riscontrarono segni di forte deperimento: i tralci erano corti e sottili, le foglie avevano una superficie laminare ridotta rispetto alle dimensioni normali, ed alcune di esse erano atrofizzate , con margini arrotondati ed accartocciati; solo in alcuni casi, tuttavia, si osservarono ustioni di maggiore gravità. Anche la seconda vigna, successiva a tali terreni, presentava uno sviluppo non uniforme: i ceppi prossimi alle porzioni di campo incolto e seminativo erano piuttosto miseri e avvizziti, mentre quelli susseguenti più floridi e rigogliosi. Tali osservazioni dunque indussero i periti a concludere che si trattava di un’evidente gradazione di danni che, si manifestavano più visibili e lampanti nella prima vigna più vicina alla fabbrica, si attenuavano nel terreno seminativo e si riducevano ulteriormente nella seconda vigna. La causa diretta di tali danni erano le emanazioni gassose dello stabilimento: più concentrate, e dunque maggiormente nocive per la vegetazione, nelle immediate vicinanze del camino d’emissione, gradualmente meno intense via via che si espandevano, diluendosi, nell’aria.
Le considerazioni finali riportate nella relazione della perizia concludevano, pertanto, che le proprietà limitrofe al fondo De Pompeis presentavano una vegetazione dallo sviluppo normale, in quanto il vento di levante che soffiava sullo stabilimento e sui terreni, carico di umidità, trasportava i fumi ed i gas che emanavano dalle officine secondo una direzione fissa e costante, circoscrivendo in tal modo le conseguenze negative ad una zona limitata. I danni, dunque, data la loro diversa intensità in relazione alla distanza, non dipendevano da mancanza di cure e da cattiva qualità della coltivazione, bensì dall’effetto deleterio delle esalazioni gassose provenienti dalle officine, dapprima più efficaci e velenose, progressivamente poi meno lesive, fino a diventare innocue. I danni provocati dai gas velenosi, sul fondo rustico del De Pompeis, erano limitati ad una zona dell’estensione totale di Mq. 56.310, e consistevano nel parziale arresto della vegetazione, e del conseguente incompleto sviluppo delle piante, con la riduzione della loro vita produttiva. Le cause di tali fenomeni, ossia la dispersione di gas nocivi come l’anidride solforosa e l’acido fluoridrico, potevano aver origine esclusivamente nelle officine della SIPA, in cui avveniva la fabbricazione di acido solforico e di perfosfato: nelle zone limitrofe, infatti, non sorgevano altre fabbriche di prodotti chimici. Sulla base degli esiti della perizia, il Tribunale di Chieti condannava la SIPA a corrispondere al De Pompeis, come indennità per i danni a questi provocati, la somma di Lire 38.843,25 , oltre i relativi interessi.